Il complesso mestiere di scriver versi per il teatro in musica, dal primo '600 alle soglie nel '900, in un recente testo di Roberto Gigliucci: “La parola intonata”
Prima le parole e poi la musica, o viceversa? Per un paio di secoli, il problema non si pose. La base iniziale d'ogni approccio al melodramma era in primis un precedente testo letterario, non sempre immaginato già in forma di libretto per musica. Basti pensare ai celebrati melodrammi di Apostolo Zeno, del romano Cardinale Ottoboni, o del Metastasio. Taluni così popolari da essere intonati decine di volte, affidati a compositori d'ogni rango.
Ma nonostante l'autorevolezza e il prestigio dell'autore, il libretto restava pur sempre un testo utilitario, più o meno modificabile in vista d'una rappresentazione scenica. Talvolta modificato con interpolazioni da altre fonti analoghe, oppure vittima di sforbiciate inesorabili.
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La musica era considerata poi un mero sostegno per i versi, un apporto contingente e quasi secondario. A contare alla fine, sopra di tutto, erano due fattori: soddisfare le esigenze - ed i capricci, va da sé - dei cantanti, e compiacere le aspettative del pubblico. Solo ad Ottocento inoltrato le cose presero a cambiare, e non solo per le mutate sensibilità culturali. Prima, perché i compositori presero a usare testi appositamente scritti e pagare di tasca propria i librettisti, chiedendo loro di adattarsi alle loro necessità; poi perché divenne loro sempre più urgente un testo consono alla propria inclinazione artistica.
La drammaturgia per musica
Roberto Guiducci è docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università La Sapienza di Roma, e si è occupato in precedenza del libretto d'opera con il saggio Tragicomico e melodramma. Studi secenteschi (Mimesis, 2012). Per questa attitudine nel volume La parola intonata, appena edito da Carocci Editore, il suo approccio è volutamente più letterario che musicologico, pur non ignorando certo quanto annotato sul pentagramma. Il sottotitolo Scrivere per il teatro in musica da Orfeo a Suor Angelica (1607-1918) precisa anche l'ambito temporale prescelto, dai primi esperimenti melodrammatici del recitar cantando per arrivare all'otto-novecentesco canto di conversazione. Punto di partenza del suo excursus l'Eumelio intonato a Roma da Agostino Agazzari e l'Orfeo musicato da Monteverdi. Punto d'arrivo il Forzano di Suor Angelica, pannello centrale del Trittico pucciniano.
Un testo impegnativo
La parola intonata è un testo denso, e di non facile approccio. Nondimeno molto, molto valido e stimolante, per la ricchezza di contenuti e per l'originale orientamento critico. In realtà, si presenta come un'articolata raccolta di saggi di varia ampiezza (Scene secentesche; Direzione: Metastasio; Onestà e disonestà del Rossini romano; Verdiana; Opera verso la prosa) a loro volta suddivisi in capitoli più o meno autonomi. A conclusione, alcuni momenti di riflessione generale: Musica e letteratura: una chiamata all'interpretazione; Appendice. Opera for Freedom. Leggerli non è indispensabile. Il terzo – Finale. Del metodo, come suggerito nella sintetica Premessa, andrebbe in effetti letto subito, così da comprendere l'impostazione generale del volume. Cosa che in effetti condividiamo in pieno.
La parola intonata. Scrivere per il teatro in musica da Orfeo a Suor Angelica (1607-1918)
di Roberto Gigliucci
Carocci Editore
pagine 246
€ 26,00